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Chi te lo fa fare?

  • Immagine del redattore: Silvia Serpe
    Silvia Serpe
  • 12 ott 2023
  • Tempo di lettura: 3 min

Ogni premessa ė debito e quindi ringraziamo il neo "mezzo Ironman" Flavio, che ci ha raccontato la sua impresa. Con la doppia speranza che presto ci riproverai, e altri seguano il tuo esempio di narrare le propria geste. Abbiamo bisogno dei vostri racconti. Buona lettura! Chi te lo fa fare??? È la domanda tipica che spesso mi viene rivolta da chi scopre le attività di triathlon in cui mi butto a capofitto. Beh, direi che non è sicuramente il dottore che mi ha convinto o obbligato, non è la smania di apparire sui social, o di elevarsi a chissà chi, non è neanche la rivincita per evadere da una vita anonima... Sabato ho fatto il mio primo mezzo Ironman. Quella data era ammantata da un velo di suspence, trepidazione e paura. Mi diverto in questa disciplina, mi piace continuare a cambiare tipologia di sport, apprezzare movimenti diversi, sentire sensazioni fisiche opposte. Arrivo a Peschiera in compagnia di amici, con fatica troviamo un parcheggio, dopo essere passati a recuperare il pettorale. Ci cambiamo, e già per il primo tatuaggio sbaglio, dimenticando la pellicola protettiva...cominciamo bene ... sarò irriconoscibile; zona cambio affollata ... tantissimi atleti, tantissime opere d’arte tecniche ciclistiche, il tappeto rosso accoglie tutto il mio armamentario. Estraggo ciò che mi servirà durante la gara e spunto nella mente gli oggetti e la loro funzione ... e lì già l’ansia di dimenticare qualcosa mi blocca un po’ il respiro, controllo, ricontrollo ... guardo quelli a fianco riesco comunque a sbagliare lato della bici ...rifaccio tutto, ricontrollo tutto e poi con la muta, occhialini e cuffia parto speranzoso. L’acqua è calda, la muta all’inizio mi soffoca poi diventa il mio scudo, la sento parte di me e che mi protegge. Le prime bracciate sono confusionarie, vengo colpito e colpisco che mi sta accanto, respiro e bevo contemporaneamente e le onde mi sbattono indietro, prima boa, seconda boa ... e ora il campo di regata più lungo ... un bastone fino al porto per poi entrare nel canale delle mura ... sole accecante di fronte ... la boa di riferimento è solo un miraggio ma l’acqua è fantastica, mi rinfresca e ora con la corrente quasi a favore mi sembra di planare. Esco e in verticale mi sento un “pesce fuor d’acqua”, svesto la parte superiore della muta e sbuffo ... via di corsa alla zona cambio ... con calma metto il casco, le calze, guanti scarpe e via ... parto in bici Il percorso è parecchio ondulato, ventoso e in alcune zone pedalo rettilinei lungi e noiosi, ma la maggior parte è immerso nel verde, fantastico. A metà del primo giro mi passano a fianco i “professionisti” dell’olimpico, atleti super in posizioni aereodinamica che mi sfrecciano a lato e penso anche qui mi sento un “pesce fuor d’acqua”. Secondo giro le energie cominciano a calare, il ritmo pure, la determinazione quasi ... arrivo alla zona cambio e trovo tante bici ... sono tra gli ultimi, poco mi importa ... voglio finire ... mi risuona nella mente una frase dell’astronauta Paolo Nespoli “Osare pensare e fare cose impossibili”, per me questo è un piccolo “impossibile” ... oso, continuo ad osare. Comincio a correre e le energie sono al limite, percorso di 5 km con due salite da percorrere 4 volte ... un‘eternità! Cammino, corro, ormai non ne ho più, cominciano i crampi, comincia l’ultimo giro, l’ultima salita ... sono arrivati quasi tutti. Ma qui ho nel cuore la consapevolezza di essere giunto alla fine di un’avventura ... perché lo faccio? Non lo so, mi sento vivo! Ho osato e per ultimo vedo i miei amici che mi aspettano, urlano il mio nome, la speaker lo pronuncia al microfono, mi accompagna fino al tappeto finale, vedo il traguardo ... sento gli amici che mi incitano ... fatica? Sì. Lo rifarei? Adesso no ... ma dopodomani sentirò la nostalgia di un percorso fatto di allenamenti, di divertimento, di gioia, di amicizia!! Ecco perché lo faccio!




 
 
 

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